mercoledì, febbraio 22, 2006

La bellezza del diavolo.


In questo film del 1949/50, ormai un pezzo da cineteca, vediamo la trasposizione cinematografica di un vecchio racconto tradizionale, come anche di un'opera di Goethe: parliamo del Faust, personaggio mitico che ha ispirato, ispira e probabilmente ispirerà ancora in un modo o nell'altro diversi autori: artisti, scrittori, musicisti, commediografi. Prima di entrare nel merito specifico del film, vorrei sottolineare che nella figura di Faust, mago e alchimista, si riuniscono tutti quegli antichi studiosi simili a Paracelso, Giordano Bruno e altri che ricercavano in ambiti misteriosi e al di fuori dell'egemonica opinione religiosa e scientifica dei loro tempi. Molti di questi uomini furono visti con sospetto e spesso furono accusati di rapporti con il demonio proprio per la loro attitudine a scavare in ambiti della psiche, della natura e dello spirito senza seguire percorsi obbligati. Alcuni furono perseguitati e uccisi per questo. Come mia opinione personale direi che anche oggi permane lo stesso atteggiamento di diffidenza verso, ad esempio, il paranormale, le credenze magiche o esoteriche. Anche nell'epoca odierna riguardo ad esse esitono i grandi censori della scienza e della religione: non è dato vedere un programma televisivo che tratti detti argomenti senza che vi sia l'attento controllo dello scienziato e del sacerdote a tutelare l'integrità della coscienza dello spettatore! Al di là del fatto che quando si tratta di certe cose l'attenzione critica è indispensabile per tutelarsi rispetto alle mistificazioni, non posso fare a meno di notare che i roghi degli inquisitori oggi siano stati sostituiti dalla presunzione razionalistica o moralistica.
Questo cambiamento, per il quale comunque dobbiamo ritenerci fortunati, fu forse iniziato proprio dallo stesso Goethe: questo grande intellettuale venne in Italia e indagò sui presunti trascorsi di quel misterioso personaggio della sua epoca che fu Alessandro Cagliostro, contribuendo alla sua identificazione nel ladro e truffatore Giuseppe Balsamo, siciliano. Ancora oggi ci si interroga se questa identificazione sia poi davvero esatta, senza poter arrivare ad una risposta certa. Fatto sta che Cagliostro fu attirato in una trappola, arrestato, processato e lasciato morire in una orribile cella. Non fu accusato di patteggiare con il diavolo ma solo di essere un ciarlatano, però il trattamento non fu molto diverso. Il personaggio Cagliostro tuttavia, sempre secondo la mia opinione, presenta tratti di autenticità e profondità che - nonostante le calunnie - non è stato possibile mistificare del tutto.
Questa riflessione per sottolineare qualcosa di cui sono profondamente convinto: gli alchimisti, gli occultisti, non hanno mai avuto nulla a che fare con il diavolo - nonostante ci sia stata la tendenza a pensare che essi stipulassero strani patti con il Maligno. Lo attesta anche la moderna ricerca psicologica, particolarmente quella junghiana, che riconosce nell'Alchimia una scienza per l'approfondimento spirituale: l'ottenimento dell'Oro non è altro che il simbolo dell'Opera di trasformazione di sé, della propria rivoluzione interiore. Chi, viceversa, mira all'Oro Volgare - cioè al metallo prezioso - non è secondo la stessa Tradizione Alchemica un vero alchimista, bensì un cosiddetto soffiatore, cioè qualcuno che non ha compreso l'alto valore spirituale dell'Arte.
In un certo modo il film "La bellezza del diavolo" narra proprio di quest'ultimo tipo di ricercatore, come anche del fraintendimento fra Oro Volgare e Oro Filosofico. Il suo protagonista, Faust, pur essendo uno stimato studioso, non ha evidentemente compreso la differenza fra i due tipi di oro: ancora si trova a credere che il valore si trovi in ciò che il diavolo gli propone come tale, cioè ricchezza, bellezza, gioventù, conoscenze, potere, fama, onori. Il diavolo, dunque, è proprio questo: la disposizione interiore del vecchio Faust a ingannarsi sul senso delle cose. Egli, dopo una vita di ricerche, giunto alla vecchiaia, dimostra di ritenere che solo un mutamento esteriore possa condurre alla vera felicità. Il film non è altro che la rappresentazione di questa illusione, con tanto di prìncipi, principesse e lucenti quanto inconsistenti ricchezze. Tutto ciò è destinato a rivelarsi per quello che è, soprattutto quando Faust costringe Mefistofele a fargli vedere il futuro, cioè le logiche conseguenze dei suoi tentativi di raggiungere la felicità: essi sono destinati a naufragare nell'insuccesso, nella noia, nella violenza - come del resto succede per tutta la storia dell'uomo, di cui il racconto del Faust diviene chiara metafora. Per conservare il potere, la ricchezza e quant'altro, si è costretti ad agire in modo contrario agli ideali, producendo ingiustizia, menzogna, guerra, morte - finché ogni cosa finisce in cenere e polvere. Però, suggerisce il film, la consapevolezza di ciò può cambiare il destino. Quando Faust capisce questo, inizia quella che può veramente essere definita la ricerca dell'Oro Filosofico. Ricordandosi dell'amore per una zingara, Margherita, egli ritrova la propria Anima - sempre e comunque in attesa di essere riscoperta. In effetti il regista René Claire ha una bella intuizione nel raffigurare questa Anima dell'uomo come una zingara: girovaga, veggente, capace di vero amore e anch'essa sospettata di rapporti con il demonio. E' la natura interiore selvaggia che fa paura a chi non la comprende, mentre essa è incontaminata, come la Vergine di cui è devota: l'Anima, nei suoi strati più profondi, è infatti Coscienza. Faust si rende conto di tutto ciò e, a questo punto, la mefistofelica costruzione di inganni e illusioni crolla. La vecchiaia di Faust, il suo vecchio corpo, muore con il diavolo, mentre lui si appropria - forse solo allora veramente e definitivamente - di una sostanziale giovinezza, che è una gioventù dell'anima, una rinnovata disposizione alla trasformazione di sé e alla ricerca del nuovo.
Un'ultima notazione: gli zingari in occidente una volta erano oggetto della proiezione dell'Ombra del cittadino comune, cioè degli aspetti indesiderati della persona integrata nella società - un pò come avviene più recentemente con i cosiddetti extracomunitari. Gli zingari, in particolare, oltre alle negatività dell'Ombra, un tempo raccoglievano la proiezione degli elementi misteriosi e magici rifiutati dalla dominante cultura razionalista e moralista. La loro origine tribale e nomade, secondo moderni studi linguistici, sembra possa risalire addirittura all'India: se così fosse avremmo un indizio in più per sottolineare il mistero di questo popolo e il possibile legame con la Tradizione Unica. Nel film di René Claire, dunque, il fatto che insieme a loro Faust trovi la prosecuzione ideale del suo percorso sembra particolarmente appropriato e significativo.