martedì, luglio 28, 2009

Il bambino con il pigiama a righe


Siamo abituati, direi quasi assuefatti, ai film sul nazismo - e questo di cui scrivo ne è l'ennesima versione. Tuttavia, secondo me, ha delle caratteristiche diverse dal solito e particolari. Si tratta di un racconto delle atrocità commesse, della folle ideologia dell'uomo contro l'uomo, del considerare gli altri meno che persone, visto attraverso gli occhi di due bambini. Uno, il protagonista, Bruno, è il figlio di un ufficiale che va a dirigere un campo di sterminio. L'altro bambino, Shmuel, è una delle non-persone rinchiusa nel campo stesso. Nessuno dei due comprende pienamente quello che sta succedendo ma, al di là del principio di astrazione che porta gli adulti a considerare gli altri come "il nemico", fra di loro nasce e si consolida un'amicizia clandestina, al di qua e al di là del filo spinato. Tale amicizia condurrà gradualmente ad un epilogo tragico, monito e insegnamento per tutti quanti amino ragionare per categorie dividendo fra "buoni" e "cattivi", "superiori" e "inferiori". Devo dire comunque che, oltre alla storia sapientemente narrata, il film ha alcune qualità straordinarie: i bambini sono bravissimi e capaci di far vivere profondamente i loro personaggi, così come tutti gli altri attori. Il risultato, a mio parere, è superiore a quello di una normale narrazione, riuscendo in certi momenti a toccare concretamente il periodo rappresentato, quasi mettendolo in scena realmente, facendolo calare nel racconto filmico con la potenza della evocazione - come nell'antico teatro rituale. Ho l'impressione che la troupe sia stata colpita e commossa, durante la lavorazione, da questa dimensione magica, da questa concretizzazione dell'invisibile spirito degli accadimenti di quegli anni. La cosa straordinaria è che tutto ciò viene compiuto senza grandi mezzi tecnici, senza ricostruzioni storiche particolari, ma raccontando soprattutto una storia semplice, piccola, privata, familiare.

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